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DTT, buttati a mare 220 milioni di euro

La corsa alla televisione digitale terrestre finanziata dal Governo si scontra con la realtà: la scadenza del 2006 salta e viene rinviata. Tutto prevedibile?

Roma,

Il Governo è pronto a rinviare di due anni lo switch-off, ovvero lo spegnimento della televisione analogica in favore di quella digitale: lo deciderà con ogni probabilità il Consiglio dei ministri di oggi. Una novità che da sola basta a smontare dalle fondamenta l'intera strategia governativa sulla Televisione digitale terrestre (DTT).

“La televisione digitale è giunta sulla Terra” recita uno degli slogan che compaiono in milioni di manifesti pubblicitari pagati dal Governo e sparsi sul territorio Italiano: milioni, come 220 sono i milioni di euro che in questi anni sono stati spesi per finanziare l’acquisto dei decoder della Tv digitale terrestre da parte degli italiani. Soldi, come si ricorderà, sottratti all’allargamento della copertura della banda larga.

Ma sono pochi, circa tre milioni e mezzo, gli italiani che si sono portati a casa un set-top box capace di ricevere il DTT, che oggi si traduce nella possibilità di vedere in digitale una manciata di canali, tutti riconducibili ai grandi oligarchi del mercato televisivo italiano.

Nella corsa italiota al DTT si sono persi molti elementi chiave del progetto: su tutti l’interattività, morta sul nascere, il coinvolgimento diffuso delle pubbliche amministrazioni, rimasto un sogno, e le capacità di investimento delle nuove emittenti, oggi desaparecide con pochissime eccezioni.

Ma a dare il colpo di grazia al DTT e a spingere il Governo a rimandare alla fine del 2008 lo switch-off, (una data comunque anticipata rispetto al resto d’Europa e dunque ulteriormente rinviabile), non sono state le sfuriate di Renato Soru, le accuse di ignobili giochini sui decoder o le polemiche sui diritti del calcio e i reali interessi dietro all’operazione DTT. No, a colpire ed affondare il DTT all’italiana sono stati innanzitutto il prevedibile, e previsto, sviluppo tecnologico, poi la tiepida accoglienza da parte del pubblico e infine la scarsa dinamicità degli amministratori pubblici, persino di quelli che da lungo tempo riempiono ossessivamente bocche e convegni di paroloni come t-government, il “governo televisivo”.

Come da anni ammonivano gli esperti delle cose della rete, c’è la televisione su IP che corre, quella IPTV di cui da tempo parla Punto Informatico e che oggi Telecom Italia lancia in grande stile; c’è appunto la banda larga, quel veicolo di sviluppo sul quale il Governo ha deciso di investire meno, un terzo per la precisione, rispetto a quanto ha investito nel DTT, e che oggi chiede il conto: lega sempre di più al computer e ad internet il concetto stesso di contenuto multimediale ed interattivo, lontano dalla televisione tradizionale almeno quanto lontano dal DTT.

Come sorprendersi se Valle d’Aosta e Sardegna, le due regioni che avrebbero dovuto fare da cavia e abbandonare la televisione analogica alla fine del prossimo gennaio, hanno deciso di stornare gli investimenti previsti per il DTT in progetti più utili, come l’informatizzazione della Sanità locale?

Due giorni fa, riporta il Corriere della Sera, il ministro alle Comunicazioni Mario Landolfi ha difeso il DTT sostenendo che “non è affatto un’ossessione italiana ma un obiettivo europeo”. A suo dire “consentirà l’e-government, la formazione a distanza e una serie di possibilità che vanno dalla prenotazione di una visita specialistica al pagamento di una bolletta”. Obiettivi di alto profilo, tutti già ottenibili, percorribili e veicolabili tramite Internet o attraverso un DTT vero, fatto di progetti condivisi, di un mercato interessato e di consumatori disponibili, tutte condizioni assenti oggi nel nostro paese.

Se, come appare scontato e come già si sapeva nell’ambiente, oggi il Governo effettivamente confermerà il rinvio dello switch-off allora ci aspettano altri anni di chiacchiere e polemiche. Nella speranza che bastino a cancellare i ricordi del grande inganno perpetrato ai danni (e con i soldi) degli italiani.

Fuente Punto informatico

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