Sky Italia ha presentato un ricorso alla Commissione europea contro i finanziamenti per i decoder del digitale terrestre accordati dal Governo nelle finanziarie per il 2004 e il 2005. Il ricorso, consegnato ieri agli uffici del commissario europeo alla Concorrenza Neelie Kroes, si innesta nell’indagine di Bruxelles sulla legalità degli aiuti al digitale terrestre aperta in estate su denuncia di Europa 7.
Una fonte comunitaria vicina al dossier ha sottolineato che l’intervento di un ricorrente “forte” come Sky dovrebbe “dare maggior peso al caso” e “accelerare” i tempi per una decisione. Nel corso dell’indagine informale la Commissione europea ha già inviato alle autorità italiane due richieste di informazioni, alla seconda delle quali il Governo deve rispondere entro venerdì. In base alla risposta di Roma, la Commissione deciderà se aprire formalmente una procedura di infrazione contro l’Italia o se archiviare il caso, ma l’intervento di Sky potrebbe favorire la prima ipotesi.
Aiuti illegali,Bruxelles ponga paletti per riportare equilibrio
Nel ricorso i legali della piattaforma satellitare ricordano alla Commissione che il Governo non ha notificato i finanziamenti all’Ue, come invece richiesto dalle norme comunitarie sugli aiuti di Stato. A prescindere dalla notifica, prosegue il documento, “Sky Italia considera che queste misure discriminatorie contengano un aiuto di Stato illegale”. Per questa ragione, al termine di 14 cartelle di argomentazioni legali, il ricorrente chiede alla Commissione “di intraprendere le azioni necessarie per evitare la distorsione della concorrenza messa in atto dalle misure (di aiuto, ndr), di interrompere l’applicazione dei nuovi sussidi che aggiungerebbero effetti negativi a quelli già esistenti e di imporre i rimedi appropriati per riportare la parità sul mercato”. In particolare Sky punta al rimborso degli aiuti o la loro estensione anche alla piattaforma satellitare.
Sky sottolinea poi che gli effetti discriminatori del finanziamento ai decoder si concretizzano nel favorire gli operatori con una posizione già consolidata, “come nel caso in cui, come Mediaset, siano in una posizione dominante nella tv commerciale non a pagamento”. Oppure, aggiunge l’esposto, “come per Telecom Italia”, che beneficia sia degli aiuti per il digitale terrestre sia di quelli per la banda larga. Tutte queste misure, combinate ai paletti imposti dalla Commissione europea al tempo della fusione tra Stream e Telepiù, “hanno l’effetto di aumentare i costi che Sky Italia affronta per assicurare la penetrazione della Tv digitale che è necessaria per avere un mercato italiano competitivo e innovativo”.
Bruxelles ha già definito discriminatori gli aiuti al terrestre
Bruxelles ha aperto l’indagine informale sui finanziamenti ai decoder nell’estate del 2004 dietro denuncia di Europa 7. Dopo un primo scambio di lettere con il Governo, il 22 marzo la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni. In questa missiva Bruxelles ha definito l’aiuto al digitale terrestre “discriminatorio” rispetto al satellite. “Dal momento che (il finanziamento, ndr) discrimina tra le diverse piattaforme della televisione digitale, il satellite ne è escluso, la Commissione vorrebbe capire se ci sono motivi tecnologici o di altra natura che giustifichino la realizzazione del contributo”, hanno scritto i tecnici Ue. La Commissione ricorda a Roma che secondo la comunicazione sullo ‘switchoff’, una misura deve essere tecnologicamente neutra per non essere discriminatoria. Unica deroga ammessa l’interesse generale.
Già nella prima richiesta di informazioni, spedita a Roma la scorsa estate, Bruxelles batteva su questo punto. Nella risposta del ministero datata 29 ottobre, considerata dai tecnici Ue insufficiente a fugare i dubbi sulla legalità dell’aiuto, si legge che “l’interesse generale sotteso al finanziamento statale è quello di favorire la fruizione da parte dei cittadini di una più vasta gamma di servizi televisivi e di servizi della società dell’informazione senza discriminare e offrendo pari opportunità a tutti i segmenti della popolazione”. Entro venerdì la Commissione aspetta la nuova risposta del ministero delle Comunicazioni in base alla quale deciderà se procedere contro l’Italia o se archiviare il caso.