L’industria dei contenuti digitali è a un bivio: sposare nuovi modelli di business, adeguati all’era Internet, o rassegnarsi a essere pesantemente ridimensionata. Ma tra i consumatori e le le major della musica o del cinema non vi è ancora una convergenza di interessi, un compromesso anche di limitata misura, anzi è scontro netto su temi quali: il copyright, i sistemi di gestione del diritto d'autore e il contrasto – attualmente molto aspro – tra il pagamento del tributo per il diritto di copia privata, che colpisce tutti i supporti a prescindere dall’uso che se ne fa, e le protezioni di Cd e Dvd che impediscono, di fatto, proprio l’esercizio del diritto di duplicazione per fini personali. Su questi temi, inerenti dunque al diritto d’autore e alla protezione della proprietà intellettuale nell’era del Web, si è tenuto a Bruxelles un forum organizzato dall’International Institute of Communications (Iic). All’incontro hanno partecipato rappresentanti della Commissione europea, del Governo canadese, della World intellectual property organization ( Wipo ), membri dell’associazione europea dei consumatori ( Beuc ) e un esponente della Mpa ( Motion picture association ) cioè la lobby delle major del video che negli ultimi tempi si è distinta per una serie di campagne per contrastare la distribuzione online illegale di file audio e video. In particolare, la Mpa negli ultimi tempi ha puntato il dito, nonché schiere di avvocati, contro i siti che utilizzano BitTorrent, ovvero il sistema di «scambio a cascata» che in virtù della sua efficienza e velocità è diventato lo strumento preferito per la “pirateria” domestica la quale pur essendo ben diversa e socialmente meno pericolosa di quella vera, di natura industriale e criminale, arreca comunque danni enormi all’industria discografica, a quella del cinema e del software. In poco tempo sono sparite dalla Grande Rete, per poi reincarnarsi, strutture come SuprNova che da una parte alimentavano il traffico di materiale copiato, replicato e distribuito in modo illegale, ma che dall’altra servivano a veicolare molti, anche moltissimi, software in open source e file non coperti da diritto d’autore.
«Indubbiamente – afferma Franco Morganti, vicepresidente dell’International Institute of Communications – occorre risolvere il contrasto tra diritto di copia privata, il tributo sui supporti vergini (Levy) e i meccanismi di protezione contro la duplicazione. La chiave di volta sono le tecnologie Drm, Digital right management, in grado di abbinare il rispetto della proprietà intellettuale con le esigenze dei consumatori». Infatti, nell’era digitale, l’acquirente di un supporto fisico, Cd o Dvd, così come di un file, ha la necessità di fruire del contenuto, audio o video principalmente, su una pluralità di dispositivi: dal sistema stereo dell’auto, magari abilitato all’audio digitale compresso (Mp3/Wma), al riproduttore tascabile di musica fino ai portable media center di nuovissima che premettono di portarsi in giro un ampio archivio di canzoni e di video, grazie alla miniaturizzazione di dischi rigidi di alta capacità. Per “riempire” questi dispositivi ci sono più strade: oltre alla pratica di caricare file acquisiti illegalmente dalla rete (attività che ha rilievo penale e civile) è possibile “alimentare” il lettore tascabile, ma anche il pc o il dvd-recorder munito di hard disk, con contenuti acquistati regolarmente in forma di file (da iTunes o da Msn Music per esempio) oppure comprimere, “rippare” nel gergo dell’informatica, le tracce di un compact disc per portarle in formato Mp3 o Wma. È un’operazione generalmente semplice e basta un qualsiasi software, compreso il Media Player di Windows (quello della maxi-multa alla Microsoft), per passare da un ingombrante file musicale in formato lineare (Cd audio in Pcm) a un più versatile, ma meno fedele Mp3, Wma o Acc, giusto per citare i sistemi di compressione più noti. Le case discografiche consapevoli che la compressione è la prima fase del processo che porta le canzoni a prendere illegalmente la strada di Internet e del peer to peer e, dunque del download selvaggio, hanno tentato di introdurre mezzi anti-duplicazione che, oltre a produrre risultati spesso modesti dal punto di vista qualitativo e della compatibilità, rendono non esercitabile il diritto di copia privata per il quale l’utente paga un tributo - di valore non irrisorio - su ogni tipo di supporto o registratore digitale oppure analogico. Ancora peggiore, sotto il profilo dei diritti dei consumatori, la situazione dei Dvd: sono quasi tutti protetti e se l’utente intende duplicarne il contenuto, ai fini di back-up personale o trasportarlo su un dispositivo tascabile, magari trasformando il file video dall’Mpeg2 del Dvd al più “leggero” DivX/ XviD si trova a dover usare complicati grimaldelli digitali il cui uso fa sorgere più di un dubbio legale.
«I sistemi Drm – spiega Morganti – sono in grado di garantire sia i diritti dei produttori di contenuti sia quelli dei consumatori. In Canada, per esempio, propongono un sistema a doppia notifica, battezzato Notice-Notice, che coinvolge il fornitore di contenuti, l’Internet service provider e l’utente finale. In questo modo si rendono evidenti i contenuti protetti da copyright e quelli liberi che, in quanto tali, possono essere esentati da ogni sistema di protezione. Con una simile soluzione l’Isp diviene responsabile di quello che circola nella propria Rete. Generalmente però gli Internet service provider rifiutano di assumere un ruolo di controllo attivo, tuttavia un meccanismo come il Notice Notice, prevede una “compensation fee”, ovvero il pagamento di una somma all’operatore di rete». L’eventuale ruolo attivo degli Isp a fini della antipirateria (più corretto è dire anti-scambio file in modo illegale) è un punto molto controverso anche perché può sorgere un conflitto di interessi poiché alcuni Isp, soprattutto quelli di grandi dimensioni, vendono musica online, e in prospettiva anche film mentre si avviano alla tv via Ip, ma al contempo fanno in modo, ufficialmente solo a fini di sicurezza, che le porte dei router aDsl degli utenti siano chiuse in “ascolto”. In questo modo risulta impossibile usare sistemi come di file sharing come BitTorrent.
Il futuro dei contenuti è comunque online. «Nel corso del forum - dichiara Morganti - è emerso un punto chiave: le vendite di compact disc stanno declinando a un tasso composto all’anno del 2,1%, in compenso la musica scaricata legalmente cresce del 29% all’anno. Se si estrapolano le due curve appare chiaro che il sorpasso della musica digitale online sul cd avverrà entro cinque-sei anni intorno al 2010-11». Il prossimo passo è certamente il download legale di film e telefilm, in formato compresso tipo DivX, una sorta di iTunes del video (dal nome dell’ultrafamoso negozio di canzoni della Apple) che potrebbe permettere la distribuzione online, quindi economicamente efficiente, di opere cinematografiche e contenuti di nicchia (telefilm e cartoni animati), che sarebbe troppo oneroso o antieconomico convertire dall’analogico e trasformare in Dvd da destinare alla vendita in grandi volumi. Le major hanno infatti gli archivi pieni di materiale interessante solo per alcune categorie di utenti. Il download legale, reso possibile dall’aumento della larghezza di banda, potrebbe portare molti utenti ad acquisire file relativi a film e telefilm, magari poco diffusi, in modo agevole e a un prezzo contenuto. «Credo - dice Morganti - che ben presto ipotesi del genere diventeranno realtà e si arriverà infatti a un iTunes del video. Ritengo che vendere a prezzo basso quantità enormi è come vendere a prezzo più alto delle quantità minori. Ad ogni modo le major potrebbero commercializzare contenuti che non sarebbe possibile ipotizzabile distribuire su vasta scala. Il rappresentante dell’Mpa ha, del resto, ammesso che le major del cinema guardano alla trasformazione della musica digitale come un esempio valido anche per l’evoluzione della loro industria. E ha riconosciuto che se anche le major non si adatteranno ai nuovi paradigmi del mondo digitale, finiranno per perdere tutte le battaglie contro il download illegale.